La storia del Cagliari
Tutta la cronistoria rossoblù, partita per partita
1920/27
Campionati amatoriali, regionali o comunque non ufficiali
  • Il racconto
Il calcio è un sport che, è risaputo, nella sua versione moderna, possiamo definire inventato e diffuso dagli inglesi sul finire del XIX secolo. Diventato immediatamente popolare, è stato portato in Italia nel modo più logico per l’epoca, dato il rapporto esistente tra due territori come Gran Bretagna e Italia e il mare, cioè attraverso i marinai che si fermavano con le loro navi nei vari porti. Essendo anche la Sardegna, come la Gran Bretagna, un territorio interamente circondato dal mare, non avrebbe certo tardato molto ad arrivare anche da queste parti.

La società di calcio della capitale della Sardegna, quella che è arrivata ai giorni nostri, è stata fondata domenica 30 maggio 1920 con la denominazione di "Cagliari Football Club". Tra i tanti personaggi che hanno legato il loro nome alla storia del Cagliari è d’obbligo citare per primo quello di Gaetano Fichera, personaggio di grande spessore, anche e soprattutto per motivi extracalcistici, su cui vale la pena soffermarsi.

E’ uno studioso medico chirurgo e ricercatore scientifico di grande valore, anch’egli di una città di mare (Catania) e si trova in Sardegna per motivi di lavoro, per l'esattezza è docente presso l'Università di Cagliari. Nel corso della sua giovinezza ha maturato la passione per il calcio e sarà uno dei fondatori. Passa alla storia come il primo presidente del Cagliari ma non potrà tenere a lungo questa carica perché già dal 1921 il suo lavoro lo allontanerà dalla Sardegna. E mentre la società da lui creata e fortemente voluta avvierà la sua attività calcistica e la sua storia sportiva, Gaetano Fichera porterà avanti una carriera medica e scientifica di assoluto rilievo, specialmente in campo oncologico, cioè nello studio delle malattie tumorali. E quando a Milano verrà fondato quello che oggi è conosciuto come l'Istituto Nazionale dei Tumori, sarà proprio lui il primo direttore e le teorie elaborate nei suoi studi arriveranno anche in sudamerica.

Insomma, sapere che uno dei fondatori nonchè primo presidente di questa società è stato un grande luminare della scienza che non può che riempire di orgoglio chi ama questi colori.

Tornando ad argomentazioni calcistiche, d’obbligo citare la prima partita di cui si abbia notizia, un derby contro la Torres, società più esperta, fondata diciassette anni prima, contro la quale si ottiene una beneaugurante vittoria con il punteggio di 5-2. Autore della prima rete della neonata società cagliaritana è Alberto Figari, detto “Cocchino”, uno dei primi beniamini dei tifosi. Partita disputata nel primo terreno di gioco di cui si abbia notizia, lo “Stallaggio Meloni”, inaugurato con tanto di madrina per l’occasione. Si trovava all’interno di una vasta area non lontana dal porto e dalla stazione ferroviaria dove c’era lo stazionamento di quelli che erano in buona parte i mezzi di movimento e lavoro dell’epoca (bovini ed equini) per lo scambio delle merci da o per le navi e i treni. Il posto ideale per ricavare un campo di calcio regolamentare attrezzato di tutto punto con tanto di tribuna per gli spettatori.

Lo “Stallaggio Meloni” sarà la prima casa del Cagliari con qualche sporadica parentesi nel campo di viale Bonaria, ma di lì a qualche anno, visto il prevedibile crescente seguito di tifosi, verrà realizzato un impianto più idoneo e capiente, passato alla storia come il “campo di via Pola”, dal nome della via in cui sorgeva.

Del primo Cagliari vanno ricordati anche i colori sociali. In occasione della gara contro la Torres, che aveva il rossoblù come colore sociale, il Cagliari, per dovere di ospitalità, si presenta in campo con delle divise bianche che altro non erano che dei camici procurati dal presidente medico Fichera adattati a maglie di calcio per l’occasione. Ma, esordio a parte, il Cagliari fin dai primi anni adotterà quelli che sono gli attuali colori, cioè il rosso e il blù, che altro non sono che un omaggio ai colori del gonfalone cittadino.

La cosa smentisce un luogo comune duro da sradicare che assegna come primo colore sociale il nerazzurro a strisce verticali. Esso sarà effettivamente presente nella storia del Cagliari, ma solo per un breve intervallo di tempo, tra il 1925 e il 1928. Tornando al rossoblù, va citata anche la disposizione dei colori che nei primi anni di vita varierà passando da strisce sottili a strisce più larghe ma che avrà ben presto una sua stabilizzazione definitiva che arriverà fino ai nostri giorni, cioè metà rosso e metà blu.

Considerando la storia del calcio italiano, questi colori con questa disposizione si potranno quasi definire iconici in quanto al massimo livello Nazionale (cioè la Serie A) ci sarà solamente un’altra squadra ad averli, e nemmeno una squadra qualsiasi. Trattasi nientemeno che del Genoa, la più antica. Fatta questa disamina di impianti di gioco e colori, vanno citate anche le denominazioni sociali. Dalla prima che, come detto, è "Cagliari Football Club" si passerà a "Club Sportivo Cagliari" a seguito della fusione, avvenuta nel 1924, con l'"Unione Sportiva Italia", altro sodalizio cagliaritano di quegli anni.

In questi primi anni di vita il Cagliari disputa incontri perlopiù a livello regionale. Incontri non ufficiali o comunque non organizzati direttamente dalla Federcalcio, specialmente il "Torneo Sardegna", competizione molto attesa dagli sportivi che riuniva ogni anno le più importanti compagini calcistiche della Sardegna, tra le quali citiamo, oltre la Torres di Sassari, l'Ilva di La Maddalena, sodalizi entrambi fondati prima del Cagliari e la concittadina Amsicora, una polisportiva tra le più antiche e prestigiose dell'Isola che, in quegli anni, aveva anch'essa una sezione calcistica.

Unica eccezione extrasarda a tutto questo, quindi a livello nazionale, è una fugace apparizione nella Coppa Italia 1926/27 nell’incontro ad eliminazione diretta sul campo della Bagnolese in cui i rossoblù furono travolti con il punteggio di 10-1. Edizione di Coppa Italia, tra le altre cose, che non vide mai la sua conclusione per problemi organizzativi e che fu sospesa e annullata in corso d’opera. Le dimensioni numeriche di questa disfatta danno idea di quanto il Cagliari non fosse ancora pronto per competere a livello nazionale. Concetto assolutamente comprensibile, visto che si parla di anni pionieristici per il movimento calcistico sardo. Anni di inevitabile crescita dal punto di vista competitivo e organizzativo. A questo va anche ricordato un ostacolo non indifferente, che è la situazione logistica della Sardegna, cioè la sua insularità, considerato il fatto che i trasporti, all’epoca, non erano certo come quelli odierni, cosa che creava non poche difficoltà per potere competere a livello nazionale.

Se si eccettua la già citata fugace partecipazione alla Coppa Italia, per vederlo, il debutto del Cagliari a livello nazionale, bisognerà attendere il 1928. I primi anni di vita della società, saranno ottimo e indispensabile rodaggio affinchè si possa ben figurare ai massimi livelli. Tant’è vero che, al suo debutto nel calcio che conta, il Cagliari, nel terzo livello del calcio nazionale, sfiora immediatamente la promozione al livello superiore, quella che oggi si chiama Serie B.

Dei primi anni della storia del Cagliari abbiamo detto di denominazioni sociali, impianti sportivi, colori e competizioni, non ci rimane che parlare di uomini. Sono tanti i personaggi, tra dirigenti e atleti che, spinti solamente dalla passione e dal nobile senso sportivo, hanno contribuito alla sua crescita. Detto del primo presidente e co-fondatore e del primo bomber, dobbiamo anche menzionare gli altri presidenti che si sono avvicendati alla guida della società. Dopo Fichera, si parte con l’alternanza tra Antonino Zedda e Giorgio Mereu per la stagione 1921/22, quindi, nelle varie annate successive, Angelo Prunas, Agostino Cugusi e Vittorio Tredici. Ma sarà il successore di quest’ultimo, cioè Carlo Costa Marras, il presidente del primo Cagliari impegnato in un Campionato Nazionale. Non va anche dimenticata una imprescindibile figura umana per potere competere a certi livelli. Cioè quella dell’allenatore, colui che possa insegnare, per così dire, il funzionamento del gioco agli undici destinati a scendere in campo. E il primo da citare, in ordine cronologico, è l’ungherese Roberto Winkler, indispensabile insegnante, esponente di una scuola calcistica europea, quella danubiana, che all’epoca andava per la maggiore.